Editoriale n. 22
"Ma non capite? Ha giurato
di uccidere anche me, sarò il prossimo!".
(come
esclama Bart agli altri componenti della sua famiglia nell'episodio #AABF01
intitolato "Treehouse of Horror IX", titolo italiano"La paura fa novanta IX").
L'avrete
sicuramente già letto sui giornali: Charles M. Schulz,colpito da un tumore, non
disegnerà più le strisce e le tavole dei Peanuts per dedicarsi unicamente alla
cura della sua malattia. Voglio bene al papà di Charlie Brown & c. e gli
faccio di cuore i migliori auguri di una pronta guarigione. Gli voglio bene
come si può al creatore di personaggi che ho letto e amato quando ho cominciato
a leggere ed amare i fumetti. Però permettetemi di non uniformarmi alla
retorica del poeta di cui ci hanno inondato i quotidiani. Commentatori insigni
hanno elogiato con toni mirabolanti la decisione di Schulz di non dare ad altri
autori i suoi personaggi, di farli scomparire nel momento in cui egli stesso ha
deposto sul tavolo la sua matita. Tale decisione è stata interpretata come un
atto di grande coraggio, che preserva i personaggi dall'attacco dell'industria
che tutto divora e tutto espelle e che avrebbe volentieri sfruttato i Peanuts
per ricavarne ancora montagne di danaro. E invece Schulz, grande poeta, ha
detto no, non ci sto, i miei Peanuts non ve li do!
Chiedo
scusa, ma questa è un'interpretazione dei fatti del tutto falsa: ingenua o
furba, fate voi. E' da cinquant'anni,
infatti, che Schulz, ormai ultrastraricco, è al centro di un'enorme industria
che sfrutta i suoi personaggi, non solo attraverso le pubblicazioni, ma anche
con il merchandising (ovvero la pupazzettistica o l'immagine dei personaggi
stampati sui prodotti più vari, dagli orologi agli accappatoi) e con i cartoni
animati; ho assistito anche a un musical basato sui personaggi di Schulz:
gradevole,gradevolissimo, peraltro. Se i Peanuts fossero stati adatti ai
videogiochi sarebbero apparsi anche lì. Ma i Peanuts (a quanto ne so io) non
sono adatti ai videogiochi. E io, peraltro, non ho proprio nulla contro i
videogiochi né contro lo"sfruttamento" di personaggi famosi, se fatto
con gusto e rispetto della loro identità.
Il
problema, piuttosto, è un altro: da tempo le strisce e le tavole di Schulz sono
del tutto insignificanti, nulla aggiungono alla grande invenzione che fu, a
personaggi già perfettamente delineati e sviscerati. Per tanti anni (venti? di
più?) Schulz ha fatto solo il verso a se stesso, e le vicende dei suoi Peanuts
si sono lette un po' tristemente come tristemente si guardano vecchi comici
provarci con le scenette sullo sbarco sulla luna. E infatti nelle nazioni in
cui i fumetti non appaiono sui quotidiani, solo pochi coraggiosi hanno
continuato ad essere fedeli lettori dei Peanuts.
Infine,
la retorica sull'artista che fa morire i personaggi da lui creati, che non li
cede a nessuno, che non lavora in gruppo: quale grande,stratosferica, diabolica
scemenza! La storia del fumetto ci insegna che è stata una vera fortuna se i
personaggi nati dalla matita (o dal gruppo di lavoro) di Walt Disney sono
passati ad altre mani. Altrimenti non avremmo mai avuto il Topolino a fumetti
di Gottfredson e il Paperino di Barks. Se la retorica del poeta avesse vinto
non avremmo avuto, tra gli altri, il Rip Kirby di John Prentice, il Batman di
Frank Miller, eccetera eccetera, e neppure il Lupo Alberto di Francesco
Artibani (scusate se è poco). Se non avessimo potuto godere anche degli
straordinari risultati del lavoro di gruppo, non avremmo avuto i Simpson: né
quelli che si vedono in tivù, né quelli che avete tra le mani. Allora sì che il
mondo sarebbe stato peggiore. Una buona ciucciata di calzino a tutti!
Luca
Raffaelli