Will Eisner, Racconti di guerra

Editrice PuntoZero, ottobre 2000

80 pp, £.17.000

 

Recensione di Alberto Conte

 

 

Sei brevi storie sulla guerra, sei vicende di ordinaria follia.

Ritorna Will Eisner, il maestro indiscusso dell’arte sequenziale, un decano che non dimostra assolutamente il tempo trascorso regalando opere di spessore senza mai scadere nel retorico. Non fa eccezione Vittime di guerra, ultimo volume edito dalla PuntoZero, che raccoglie alcuni brevi racconti, in parte autobiografici, ambientati durante la guerra di Corea e quella del Vietnam.

L’autore sceglie come tema centrale le necessarie strategie di sopravvivenza attuate dall’individuo di fronte all’orrore, relegando, però, la morte sullo sfondo.

Grazie all’assoluta padronanza del mezzo espressivo il suo storytelling asciutto e pungente fotografa una realtà che è al fuori di qualsiasi definizione. Senza esprimere giudizi, si limita a raccontare lasciando i personaggi agire e, soprattutto, essere la storia: conferma ulteriore del modus operandi dell’artista, che preferisce arrivare all’universale passando attraverso il vissuto del singolo.

Il registro di queste storie ricorda, a tratti, l’Altman di M.A.S.H., per la demistificazione della figura dell’eroico soldato statunitense, ma ciò che interessa palesemente Eisner non è una contestazione politica, ma la fragilità degli esseri umani.

Esemplare è “L’ultimo giorno in Vietnam”, primo e più lungo racconto del volume. In esso l’io narrante si azzera e coincide, grazie all’uso della “soggettiva”, con il lettore. Questo meccanismo permette l’identificazione più aderente con il personaggio della vicenda, un soldato in procinto d’essere congedato cui viene affidato il compito di accompagnare l’autore per una visita guidata della base militare.

L’ottusa serenità del militare, gonfio di propaganda, viene messa duramente alla prova dai fatti che si svolgono intorno a lui, fino a provocare una crisi di fronte al pericolo di morte. La presa di coscienza è, però, meno che temporanea e l’happy ending coincide ironicamente con il ritornato sorriso del personaggio.

A conclusione del volume Eisner sceglie Croce al merito per George, un racconto molto amaro che ci presenta l’assurdità della burocrazia, mortale in tempo di guerra.