L’AVVENTURA FIORENTINA DELL’UOMO MASCHERATO

di Leonardo Gori ©

 Quest’anno sono stati festeggiati i sessant’anni di Phantom, il personaggio creato da Lee Falk e Ray Moore appunto nel 1936, e pubblicato per la prima volta in Italia, a partire dal Settembre di quello stesso anno, dalla Casa Editrice Nerbini, che lo ribattezzò L’Uomo Mascherato. In Europa e negli Stati Uniti, la cosa è passata sotto un relativo silenzio, anche se la Columbia Pictures gli ha dedicato un film che probabilmente non vedremo mai nelle nostre sale. In Australia, invece, dove le sue imprese non hanno mai cessato di suscitare entusiasmi, lo hanno trattato alla stregua di un eroe nazionale.

In Italia, dei "magnifici eroi" degli anni Trenta, non ci si occupa più di tanto: del resto, il Fumetto si evolve, nuovi eroi sostituiscono i vecchi: oggi la fanno da padrone, nelle edicole, i Manga, i fumetti bonelliani e i Super eroi. Di questi ultimi, The Phantom è stato un diretto ispiratore, anche se non aveva i "poteri" che Superman, nel 1938, avrebbe poi sfoderato suscitando una caterva di epigoni.

Al suo apparire, nel 1936, sul leggendario giornale "L’avventuroso" (al quale abbiamo accennato già più volte su queste colonne), l’Uomo Mascherato ebbe da noi un successo travolgente. Forse era meno bello di Flash Gordon, le cui avventure occupavano la prima pagina del giornale (d’altra parte indossava una calzamaglia rossa e portava una mascherina nera), ma certo aveva un fascino tutto particolare, fatto di mistero, di humour (che latitava un po’ nelle storie degli altri personaggi degli anni Trenta) e di spunti sentimentali che interessavano anche le ragazze, fino ad allora piuttosto "tiepide" nei confronti dei comics.

Così, dal 1936 alla fine del 1938, L’Uomo Mascherato fu il personaggio "principe" de "L’avventuroso": i suoi albi, che uscivano con particolare frequenza, andavano continuamente esauriti e si doveva provvedere a ristamparli periodicamente. Fu in quel periodo, probabilmente a metà del 1937, che il settimanale fiorentino sfiorò le 500.000 copie settimanali. Poi, un brutto giorno del 1938, alla redazione di Via Faenza arrivò una circolare del Ministero della Cultura Popolare che equivaleva a un’autentica tragedia. Tutti i fumetti di importazione americana dovevano cessare le pubblicazioni: alcuni con decorrenza immediata (e Gordon fu la prima vittima del provvedimento), altri al termine delle storie in corso. Mario Nerbini e i suoi collaboratori entrarono, come si dice oggi, "in fibrillazione". Il titolare della Casa Editrice, che vantava antichi "meriti" maturati nel 1921-’22, si precipitò a Roma per parlare col Ministro. Ma non c’era nulla da fare: tranne Topolino, che sarebbe restato saldamente in mano a Mondadori (una storia che puzza ancora di bruciato ed è in gran parte da chiarire), tutti gli altri eroi d’Oltreoceano dovevano sloggiare. Mario Nerbini, se aveva davvero la Fede che vantava, doveva obbedire senza discutere alle direttive del Capo, in nome della "purezza" della Gioventù Italiana.

Per tutto il ’39, la diffusione de "L’avventuroso" calò progressivamente e vertiginosamente, tanto che quell’annata è oggi molto rara sul mercato collezionistico. Ma Nerbini non si diede per vinto, e così architettò un ingegnoso piano per cercare di recuperare una parte dei lettori. Sul n. 249 del 16 luglio di quell’anno, apparve una storia disegnata da Roberto Lemmi su soggetto di Emilio Fancelli: il titolo era Il Giustiziere Mascherato, e il protagonista, vestito con una calzamaglia verde e una mascherina rossa, anche se vantava ascendenze venete, aveva molto da spartire con l’eroe di Falk e Moore. Terminato il primo episodio, Nerbini passò sottobanco a Lemmi le sceneggiature originali delle storie americane (che intanto continuavano ad arrivare in Via Faenza): così, su "L’avventuroso", apparvero ben cinque storie di questo curioso Uomo Mascherato in disguise. Storia dopo storia, Lemmi cambiava il colore della calzamaglia, ritoccava il disegno, sostituiva la mascherina, modificava il nome del personaggio... Dopo pochi mesi, Phantom era praticamente tornato alla chetichella a Firenze, ridisegnato ma conforme all’originale. In redazione si guardarono un po’ negli occhi, poi chi di dovere prese una decisione: col n. 333 del 23 febbraio 1941 fu ripresa addirittura la pubblicazione delle strisce originali!

Il famigerato MinCulPop non si era accorto di nulla? Oppure le "benemerenze" nerbiniane, in fondo, erano servite a qualcosa? Certo, il "miracolo" durò poco, perché con l’inizio delle ostilità contro gli Stati Uniti, L’Uomo Mascherato dovette sparire di nuovo dai "giornalini", per ritornarvi solo nel Dopoguerra, quando un editore romano "rubò" gli eroi dei fumetti a Nerbini (ma questa è un’altra storia).

Fino a non moltissimi anni fa, un vecchio e distinto signore si aggirava per le vie di Firenze, indifferente di fronte al clamore che si faceva intorno al revival dei "magnifici eroi", fra ristampe "anastatiche" e Saloni di Lucca. Era Roberto Lemmi, e nessuno si degnò mai di intervistarlo. Eppure era colui che, in quei difficili mesi, in qualche modo "salvò" L’Uomo Mascherato. Ma nei fumetti i nostri concittadini (e connazionali in generale) hanno la memoria corta: peccato.