FELLINI E FLASH GORDON

di Leonardo Gori ©

 Federico Fellini, i fumetti e Firenze. Un rapporto di cui si è parlato molto, anche recentemente. Prima di diventare il grande regista cinematografico osannato dalla Critica e dal pubblico di tutto il mondo, il giovanissimo disegnatore e scrittore umoristico aveva collaborato per qualche anno con gli editori fiorentini, nella sua ideale marcia di avvicinamento dalla dorata provincia di Rimini alla Mecca di Roma. Da noi, aveva trovato subito notevoli occasioni di lavoro. Firenze, negli anni immediatamente precedenti la Seconda Guerra Mondiale, ribolliva infatti di iniziative editoriali: c’era Nerbini, in Via Faenza, con i suoi popolarissimi fumetti e con un settimanale satirico di lunga tradizione, il "420"; e c’erano dei fogli minori, che però costituivano una sorta di "tessuto connettivo" fra i talenti cittadini e quelli sparsi per tutta l’Italia. In Via Cerretani, per esempio, più o meno davanti all’attuale Libreria Feltrinelli, in un locale seminterrato, c’era la redazione del "Brivido": un glorioso giornale umoristico da una cui costola era nato (e fra alterne vicende sarebbe sopravvissuto a lungo) il "Brivido Sportivo".

Era comunque Mario Nerbini, col suo impero fumettistico, a costituire il polo d’attrazione per tutti i talenti che si fermavano o anche solo transitavano per Firenze. Nei grandi locali della sede di Via Faenza, dove c’era la redazione del glorioso "Avventuroso", ogni autore italiano aveva uno studio tutto per sé. Ce l’ha raccontato una vecchia volpe del Fumetto italiano, Pini Segna, ad un convegno milanese di non molto tempo fa. Ma chi dettava legge (a parte ovviamente il Titolare dell’azienda) era Giove Toppi, il leggendario disegnatore di quasi tutte le copertine degli "albi" nerbiniani e di tante storie a fumetti. Era lui, certamente, il disegnatore più eclettico e anche più prolifico, dal segno popolaresco ma efficacissimo, immediatamente riconoscibile. E, come sempre accade in certi casi, all’interno della Nerbini Toppi aveva i suoi "protetti" e quelli che proprio non poteva soffrire: fra questi ultimi c’era un futuro grande artista, Aurelio Galleppini (che sarebbe diventato il "papà" di Tex), ma questa è un’altra storia, da raccontare prima o poi.

Toppi insomma andava a simpatie e antipatie, anche se ovviamente il talento, nei giovani che si presentavano in via Faenza, lo sapeva riconoscere a prima vista. Quando in redazione arrivò quel giovanottone alto alto e mingherlino, dalla gran chioma, Toppi lo prese sotto la sua ala protettiva. Così Fellini collaborò piuttosto intensamente al "420", con molte vignette umoristiche e brevi testi, tutto prezioso materiale che è stato recentemente ripubblicato dalla nuova Nerbini a cura di Ernesto G. Laura.

Ma nel 1938 era successo un finimondo, nel mondo dei fumetti. Il Ministero della Cultura Popolare aveva d’un tratto proibito l’importazione dei comics americani: Gordon, Mandrake, Cino Franco, L’uomo Mascherato, sparirono dai giornalini. Fu una vera tragedia, la tiratura de "L’avventuroso", già stratosferica, precipitò in poche settimane a livelli di mera sopravvivenza. Tutti i disegnatori italiani furono mobilitati per parare il colpo. E qui si innesta la leggenda di Fellini, Toppi e Flash Gordon, che nasce proprio da un’antica intervista del regista a resa Francis Lecassin. Secondo la testimonianza di Fellini, a un certo punto, alla Nerbini, fu deciso di creare un sostituto per il biondo eroe galattico americano. Giove Toppi sarebbe stato il disegnatore: ma il soggettista? Fu scelto proprio il futuro regista. Il quale, stando a quanto raccontò a suo tempo, passò giornate e nottate a inventare un seguito per le barocche avventure di Gordon, che poi portava direttamente a Giove Toppi.

Fatto sta che Nerbini non produsse mai un "seguito" alle avventure di Gordon, almeno nell’Anteguerra. L’eroe di Alex Raymond tornò in Italia solo nel 1944/’45, sul giornale romano "L’avventura" e poi su una lunga serie di albi nerbiniani, in gran parte ricalcati dagli originali. E fu proprio in quella sede che fu prodotto un "seguito", quando terminarono le tavole da ristampare: però i disegni erano di un apprezzabile ma modesto artigiano, Guido Fantoni. Toppi era morto nel 1942. Di chi erano i testi? Erano quelli realizzati dieci anni prima da Fellini? La nostra opinione è che no, il livello artistico non ci sembra compatibile con il vulcanico immaginario dell’autore di Roma e di Giulietta degli spiriti. Certo, identificare e ripescare i testi del giovanissimo Fellini, editi o inediti che siano, sarebbe una grande trouvaille, cinquant’anni dopo: chissà, inventando le avventure di Gordon, di Zarro e della bruna fidanzata Dale Arden, forse Fellini avrà avuto qualche primissima intuizione dei suoi affascinanti sogni che poi avrebbe materializzato per il Grande Schermo.

Purtroppo noi crediamo che - se sono mai esistiti - quei disegni di Toppi e quei testi di Fellini sono andati perduti nei giorni terribili del passaggio del fronte per Firenze, nell’estate del 1944. Oppure sono in un archivio privato... Qualcuno ne sa qualcosa?