Dibattito sulla Critica
"Apriamo, finalmente, un discorso sulla critica (a che serve, a CHI serve, quale è e dovrebbe essere il ruolo del critico in un campo come quello del fumetto che si promuove da sè - a differenza della pittura, ad esempio, eccetera)..."
11 Giugno 1997
Fulvio Morlacchini:
Vorrei dare il mio contributo a questo dibattito sulla critica fumettistica, dal mio punto di vista di semplice appassionato e non di addetto ai lavori . Riferendomi a quanto detto da Leonardo, ho sempre pensato che la maggior parte dei critici di fumetti rientrasse nelle prime due categorie, ossia filologi e studiosi. Questo perché, essendo quello dei comics un mondo in cui non circolano certo grossi capitali, non c’e’ la possibilita’ di realizzare grossi guadagni o di raggiungere posizioni di prestigio come al contrario si verifica in altri settori, in cui presenzialisti e ‘pressapochisti’ abbondano. Per diventare critico di fumetti e’ necessario prima di tutto esserne un grande appassionato. Il difetto maggiore di alcuni critici, a mio parere, e’ quello di essere troppo legati affettivamente ad un genere piu’ che ad un altro, inquinando cosi’ il loro giudizio e rendendolo meno ‘pulito’. Il pregiudizio e’ il primo nemico che la critica deve combattere. Quello proprio e quello altrui. Vorrei infine fare una riflessione sull’evoluzione della critica. Nell’ultimo decennio, con l’avvento delle librerie specializzate, si e’ spalancata la porta sull’universo dei fumetti USA, si ha a disposizione migliaia di comics ogni mese, inoltre, e’ esploso l’universo dei manga, anche questo "invisibile" solo fino a poco tempo fa, c’e’ poi il mercato italiano indipendente in pieno fermento, le produzioni d’oltralpe, ecc. Ecco, che il critico d’una volta, quello che conosceva ‘tutti’ i fumetti, scriveva indifferente articoli su qualunque personaggio da Flash Gordon a Linus, da Tex a l’Uomo Ragno, passando per Zio Paperone e Hugo Pratt, oggi non esiste piu’. Il mondo degli appassionati si e’ settorializzato. Chi ama i Manga non legge i Bonelli, chi legge i Super-Eroi non legge i disney, ecc. O comunque chi segue un genere trova poi difficolta’ ad ‘entrare’ in un altro. Di conseguenza ci sono lettori onnivori che conoscono tutto del loro genere preferito, ed ignorano completamente altri fumetti. Difendono aspramente il confine del loro territorio, e disprezzano tutto cio’ che non gli appartiene. Questa stuola di appassionati partorira’ una nuova generazione di critici molto preparati che definirei ‘di settore’. Sara’ una critica a compartimenti stagni? Io ho buttato li’ alcune considerazioni, che non hanno certo la presunzione di essere accettate per vere, anzi mi piacerebbe sapere Voi cosa ne pensate. Esistono i critici di settore? E’ un passo in avanti nella crescita dello studio sui fumetti? Continueranno ad esserci quelli che sanno un po’ di meno ma conoscono un po’ di piu’ o sono destinati ad estinguersi?
20 Maggio 1997
Leonardo Gori:
Oh, che belle domande! Finalmente... Scrivo di fumetti ormai da un quarto di
secolo, ma finora non avevo avuto mai la possibilità di partecipare a un
dibattito di questo genere. Vorrei cominciare proprio tentando di rispondere
alle domande di cui sopra, propostemi da Gianfranco per e-mail, e nel
contempo mettere sul tappeto qualche altro problema che mi sta a cuore.
Dunque, cominciamo. Punto primo: a che serve la critica? Beh, la risposta
sembrerebbe ridicolmente ovvia. A DEFINIRE l'opera d'arte a fumetti, a
rendere esplicite le sue caratteristiche formali. Ovvero, a decidere in che
modo l'autore di una determinata opera ha usato i mezzi espressivi propri
del Fumetto, inteso come linguaggio. E, in seconda istanza, la critica serve
a dare un giudizio qualitativo.
Prima riflessione: è legittimo, questo? E' necessario? E' legittimo
esattamente come lo è non limitarsi a definire "bello" un quadro (o
un'architettura, o un romanzo) ma cercare di spiegare (prima di tutto a sè
stessi, poi agli altri) PERCHE' l'opera in questione suscita in noi
l'emozione implicita nell'espressione "bello".
E' necessario? Secondo me, ovviamente, sì. E qui passiamo alla seconda
"domanda retorica" di Gianfranco: A CHI serve la critica di fumetti? Anche
in questo caso, mi rendo conto di esprimere concetti di una banalità
sconcertante, ma penso che come inizio per il dibattito possano andar bene.
La critica serve a TUTTI i lettori di fumetti, proprio perché un'analisi
estetico-contenutistica si può condividere o meno, ma se è fatta
correttamente aiuta a "leggere" l'opera oltre il limite tutto emotivo del
"bello/non bello". E chi ha meno strumenti critici per farlo autonomamente è
ovviamente più aiutato dal lavoro del critico.
La terza domanda di Gianfranco (qual è e quale dovrebbe essere il ruolo del
critico di fumetti) è quindi un corollario delle precedenti: secondo me non
c'è differenza sostanziale fra l'analisi estetica di un fumetto e quella di
un quadro. Se prendo un capolavoro come "Sarajevo Tango", tanto per fare un
esempio attuale, posso fare alcune considerazioni essenziali: l'autore
conosce evidentemente TUTTE le convenzioni espressive del linguaggio dei
fumetti. Questa perfetta conoscenza gli permette, in più occasioni, di
usarle in modo non ortodosso, di stravolgerle perfino. Ma è evidente che il
"meccanismo" della storia "gira" alla perfezione, che l'opera è (passatemi
il termine tecnico) FORMALMENTE COMPIUTA, e che soprattutto l'autore è stato
in grado di DIRE col Fumetto cose che con QUALSIASI ALTRO mezzo espressivo
non avrebbe potuto dire! Non c'entra, ma avrete notato che "Sarajevo Tango"
dice più scomode verità sull'ex-Jugoslavia di quante abbiano avuto il
coraggio di dire tutti i mass media del mondo...
Il ruolo del critico DOVREBBE essere quello di far rimarcare (certo in modo
ben diverso da come ho fatto io!) il valore di "Sarajevo Tango", o della
"Monna Lisa" di Leonardo Da Vinci, che ovviamente usa un linguaggio
completamente diverso, e si pone nei confronti dei fruitori in modo ancora
più lontano da quello della produzione seriale nell'àmbito dei mass media.
Gianfranco dice: il fumetto si promuove da sé. Ne siamo proprio sicuri?
Almeno bisogna intenderci meglio su questo concetto. Perché se vogliamo dire
che il Fumetto non ha bisogno di intermediazioni critiche per essere
compreso, allora siamo in totale disaccordo. Faccio due casi limite, ma che
credo siano illuminanti. Prendiamo un fumetto minore americano degli anni
Dieci (NON "Little Nemo", che ha una statura artistica tale da porlo fuori
del tempo, ma uno qualsiasi). Senza l'intervento di un critico, il fumetto
in questione è senz'altro incomprensibile, oggi, per il lettore "comune".
Esempio opposto: prendiamo un Manga (NON "Akira", per ragioni identiche alle
precedenti), uno dei più lontani dalle convenzioni fumettistiche cui siamo
abituati da settant'anni, e facciamolo leggere a un quarantenne (tipo
Leonardo Gori ;-) ). Se un critico non glielo spiega, il povero Leonardo
perde il filo, e rischia di concludere che di quel fumetto non ha CAPITO
NIENTE (Leonardo non dirà mai, per una precisa scelta, che un fumetto che
non ha capito è "brutto").
Beh, può andare come inizio? Ho detto prima che alle "domande retoriche" di
Gianfranco avrei aggiunto qualche mia personale considerazione. Lo faccio
ora ("in cauda venenum"? ;-) ) sperando che qualcun altro voglia
intervenire. Il critico come l'ho descritto io, in Italia, esiste? Quanti
pubblicisti, giovanissimi, maturi e decotti, affrontano il Fumetto in quel
modo? E la categoria dei "critici" è unica, omogenea? Io personalmente credo
proprio di no. Anzi, propongo in questa sede una prima suddivisione
antropologica di cotanta fauna:
STUDIOSI, FILOLOGI, PROMOTERS E FACCENDIERI.
I primi sono i critici ideali, quelli che ho descritto poco sopra. I secondi
(in parte sovrapponibile ai primi) sono i ricercatori che tentano
soprattutto di recuperare l'integrità dei testi (per il fumetto del passato)
e di ricostruire le fumettografie (le "cronologie", come si diceva una
volta), di stabilire le attribuzioni, le paternità, all'uno o all'altro
autore. I PROMOTERS sono professionisti, spesso in gamba e dotati di senso
critico, che però "tirano l'acqua al mulino" di chi - in qualche modo - li
foraggia. Secondo me niente di molto male, se il tutto è fatto con
sostanziale onestà intellettuale. E i FACCENDIERI? Sono quelli che girano
intorno agli autori, che cercano in ogni modo di infilarsi in ogni pertugio,
di raccogliere tutto il grasso (anche poco) che in qualche modo
inavvertitamente cola, che portano le borse, che comunque non hanno alcun
interesse nel "leggere" criticamente i fumetti (e quindi di valorizzarli),
soprattutto perché manca loro totalmente la capacità di farlo.
Che ne dite? C'è materiale per discutere? A te, Gianfranco, e grazie!
Gianfranco Goria:
Intanto grazie a Leonardo per aver rotto il ghiaccio e un invito a tutti a partecipare.
Le domande sono volutamente provocatorie e legate alla personale osservazione "sul campo" dell'attività di critici e pseudo-critici, da trent'anni a questa parte. A partire da studiosi del livello di Umberto Eco, passando per veri esperti appassionati come Franco Fossati (che, però, amava definirsi "semplicemente divulgatore", per eccesso di modestia), fino a trafficoni interessati molto più al guadagno che all'arte e a "innocui" compilatori che amano fregiarsi del titolo di "critico"... Parte (solo una parte, per carità!) della responsabilità nelle periodiche crisi del settore possono essere attribuite a gente senza scrupoli e senza capacità, in un'Italia che deve ancora decidersi a trattare anche il fumetto in modo "scientifico" e a pretendere professionalità anche da chi se ne occupa. Bè, è ora di fare il punto anche su questo aspetto.
Quanto al fatto che il fumetto potrebbe "promuoversi da sè"... Nel caso dell'arte figurativa contemporanea (o della musica contemporanea), il ruolo del critico (che, badate, bene, deve superare una quantità di esami nelle Università di Stato, prima di azzardarsi a praticare il mestiere, come qualunque altro professionista del genere...) è evidentemente fondamentale: pochi hanno gli strumenti culturali sufficienti a comprendere di primo acchito. Ma non solo: i quadri sono unici (e magari appesi ad una parete...) e chi potrebbe anche solo pensare di andarne a vedere uno in particolare, se non ci fosse una precisa indicazione da parte di uno specialista? I fumetti, di solito, hanno molte più possibilità di essere visti e il vero critico è l'amico che ci consiglia quell'albo perchè gli è piaciuto. Con le dovute eccezioni. Comunque, se qualcuno vuole definirsi "critico di fumetti", sarà meglio che si prepari a dare molto, molto di più di quello che potrebbe fare il nostro amico! Soprattutto se, per farlo, vuole anche essere pagato...
E non dimentico che molti colleghi autori tendono a considerare alcuni "critici" semplicemente come dei parassiti che vivono alle spalle del loro lavoro. Nei casi in cui avessero ragione, si consiglia un potente antiparassitario. "Critici" avvisati, mezzi salvati...
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