Daniel Clowes, Caricature

Phoenix Enterprise Publishing Company, Ottobre 2000

£. 18.000

 

 

Recensione di Alberto Conte

 

 

Il volume, il secondo pubblicato dalla Phoenix dopo Ghost world, contiene nove racconti in bianco e nero, tranne due, già apparsi sulla rivista Eightball ed una su Esquire: l’io narrante di Clowes prosegue nella sua opera di descrizione puntigliosa di figure ai margini della società, soggetti deviati ed immersi nell’isolamento che non riescono a trovare la forza per tentare una fuga dal circolo vizioso in cui si è mutata la loro esistenza.

Il titolo deriva dalla prima storia, minimale ed angosciante, che ha come protagonista un disegnatore specializzato in caricature, annichilito da un’ondata di dolore, ma soprattutto, quasi raggiunto dal riconoscimento del proprio fallimento. Dico quasi perché la consapevolezza è a portata di mano, basterebbe fare un ulteriore passo per raggiungerla, ma il processo rimane confinato ai margini della coscienza del disegnatore: preferisce abbandonare piuttosto che correre il rischio di non riuscire più a mentirsi al fine di continuare a vivere, incapace di intraprendere una qualsivoglia iniziativa.

Il racconto conclusivo, Black nylon, prosegue il lavoro di distruzione della figura supereroistica iniziato da Alan Moore: la maschera non deve incutere timore nei criminali, ma nascondere l’identità segreta dell’eroe, in quanto soggetto alienato, pericoloso per se stesso e gli altri, ormai incapace di distinguere tra la realtà e le proprie fantasie paranoiche.

Gli inganni quotidiani che i personaggi di Clowes perpetrano soprattutto a se stessi sono rivelati dall’autore con un distacco chirurgico, senza apparente partecipazione alle loro vicende surreali e drammatiche, come, invece, accade nel caso di Giara di stolti di Jason Lutes, pubblicato recentemente dalla Black Velvet.

L’edizione molto curata graficamente ed un’ottima traduzione riescono a restituire il senso d’alienazione profuso dall’autore in ogni singola tavola con monologhi straniti e dialoghi al limite dell’incomunicabilità; le dettagliate ambientazioni delineano una provincia americana squallida, sporca ed esausta: il sogno americano abita altrove.