L’AVVENTUROSA STORIA DEL FUMETTO AMATORIALE
di Giuliano Cerofolini e Leonardo Gori e con la partecipazione straordinaria di Franco de Giacomo
Quinta puntata.
RIPRENDIAMO, DOPO UNA "PAUSA DI RIFLESSIONE", IL NOSTRO LUNGO VIAGGIO NEL RICORDO DELLE EDIZIONI "AMATORIALI", FACENDO IL PUNTO SUL FENOMENO DELLE "MOSTRE MERCATO", MAGARI RIVEDENDO CERTI ASPETTI ANCORA UN PO’ OSCURI DEL FENOMENO, OPPURE SEMPLICEMENTE DIMENTICATI. CON L’APPASSIONATO INTERVENTO DI UN PROTAGONISTA DELLA "PRIMA ORA".
19. Alba, zenit e tramonto delle mostre "storiche". Si inizia con Lucca…
Gli affari, per gli editori "amatoriali" o per quelli, diciamo così, "a metà strada", si fanno soprattutto alle mostre mercato, che per gli anni Settanta e Ottanta imperversano in tutta la Penisola. Agli stand, sempre affollatissimi, ci si ritrova fra amici che di solito si frequentano solo per lettera o per telefono; si va a pranzo insieme (più volentieri nelle città d’arte come Lucca o Bologna), si fanno piani per il futuro, si fa incetta di depliant, di riviste, di novità editoriali. Lo stand dell’editore amatoriale, a queste manifestazioni, è la principale vetrina per un’attività che poi, per il resto dell’anno, si svolgerà quasi solo per posta o per mezzo dei negozi specializzati e dei "club", che almeno fino agli anni Novanta restano decisamente rari. È quindi naturale che gli interessi di tutti siano per moltiplicare il numero di questi incontri. Collezionisti e appassionati sono sempre pronti a partecipare, ma il proliferare di mostre e mostriciattole ha ovviamente anche i suoi lati negativi. Alla lunga, ci si stanca di rivedere sempre le stesse cose, e le iniziative collaterali, quelle culturali, che dovrebbero essere il nerbo degli eventi fumettistici, passano in second’ordine per carenza di "addetti ai lavori", scadono di tono o vengono del tutto ignorate.
Oggi, all’alba del 2000, gli eventi chiave sono fondamentalmente tre: le manifestazioni autunnali di Lucca e Roma, e quella invernale di Reggio Emilia, tutta dedicata al collezionismo di materiali "d’epoca". Ma anche questi tre appuntamenti imprescindibili, per chi si interessa di fumetti, hanno avuto una storia, spesso assai complicata, divertente, curiosa, sempre in qualche modo tormentata, fatta di scissioni, riunioni, spostamenti di sede. Che ne dite, allora, di fare un bel salto all’indietro (tanto ci siamo abituati) e ripercorrere la storia di questi appuntamenti, che hanno punteggiato con regolarità la nostra vita? Ritroveremo luoghi e persone care, rivivremo spostamenti a volte avventurosi, rievocheremo anche qualche polemica e qualche episodio …scabroso. Tanto siamo tra amici.
Se riusciamo ancora a metterla in moto, facciamo dunque un ultimo giro con la nostra cronosfera. Dirigiamoci sulla costiera ligure, e impostiamo la data d’arrivo: Bordighera, 21 febbraio 1965, I Salone del Fumetto. È la "madre di tutte le mostre", l’evento mitico di cui tutti parlano ma che ben pochi hanno visto, anche fra gli "addetti ai lavori". Un avvenimento che calamitò l’attenzione dei giornalisti della grande stampa, e che fu organizzato al massimo livello culturale, dando poi vita al Salone dei Comics di Lucca. Noi non c’eravamo, come tanti, e quindi, per una volta, cediamo la parola a un testimone d’eccezione, Francesco De Giacomo, giornalista, critico della "prima ora", forse il maggior collezionista di fumetti d’Italia. Scendiamo dalla cronosfera in una fredda ma limpida mattina d’inverno, sulla splendida riviera ligure, e seguiamo Franco de Giacomo nella visita alla prima mostra di fumetti di tutti i tempi, almeno in Europa.
"Bordighera fu solo uno sprazzo di luce nel mare dell’indifferenza per il mondo dei comics da parte della cultura, ma la vera svolta é indissolubilmente legata al Salone Internazionale dei Comics, che si svolse a Lucca l’anno dopo, ovvero dal 24 settembre al 2 ottobre del 1966. La ‘fiera dei sogni’, per chi ama i fumetti in modo non superficiale, partì nella bella città toscana e lì si consolidò e sempre più andò sviluppandosi in mille rivoli, sino a giungere ai giorni nostri. La matrice fu comune: un’idea del compianto Romano Calisi, assistente del pedagogista prof. Luigi Volpicelli e grande esperto di comunicazioni di massa. Sennonché il Salone di Bordighera ebbe un carattere strettamente culturale. Vi parteciparono dottori, professori, letterati, rappresentanti del mondo del cinema, grafici, scrittori e persino uno psichiatra, il prof. Alberto Giordano, che operava nell’ospedale diretto da mio padre e che avevo segnalato a Calisi, per rendere più ‘robusti’ gli interventi, nei frenetici giorni che avevano di poco preceduto lo svolgimento della manifestazione. I collezionisti, se non ricordo male, erano solo sette di cui uno - il sottoscritto - ufficialmente in veste di giornalista. Questi ultimi vennero praticamente, fatta eccezione per un paio che avevano collaborato con gli organizzatori, solo per ‘curiosare’. Oggi li definiremmo ‘imbucati’ o quasi. L’atmosfera di quell’evento era un po’ quella dei carbonari. Su cosa fu Bordighera, la dicono lunga del resto i temi delle relazioni proposte: ‘Il linguaggio dei fumetti’, ‘Per una ricerca globale della stampa a fumetti’, ‘considerazioni psicologiche sulla stampa fumetti come mezzo di comunicazione di massa’, per fare qualche esempio."
Anche la prima edizione di Lucca, il 24 settembre 1966, è avvolta fra le nebbie della leggenda, e ben pochi ne conservano un ricordo chiaro, al di là del tumulto emozionale che l’evento causò tra gli ancora pochi collezionisti e appassionati. In quei giorni lontani non c’era ancora Traini (almeno fra gli organizzatori), non c’era il "pallone", tutto si svolse nel Teatro del Giglio. Sentiamo ancora cos’ha da dirci De Giacomo:
"Intanto la voce si era sparsa. Tra i ‘fumettari’ tra un anno e l’altro fu tutto un confabulare e un sognare. Lucca confermò la sostanza culturale alla base dell’iniziativa, ma nel contempo divenne il trampolino di lancio del fandom nostrano e internazionale.
Anche gli addottorati, pur invadendo la platea del Giglio di considerazioni sui valori educativi dei comics e sulla lettura dei comics quale fattore di integrazione nella pre-adolescenza, cominciarono ad adeguarsi al tipo di audience che andava prefigurandosi, entrando finalmente nel particolare. Si parlò persino di Superman. Si apprese, attraverso una puntuale relazione di Castelli e Sala che esistevano dei Comics-clubs in America ed in Europa e se ne spiegarono le funzioni. Intanto, al di fuori del Giglio, la temperatura cresceva. Carichi di borse, valige e corpose buste - immobili per ore nel marciapiede antistante il teatro – i collezionisti e i primissimi ‘mercanti’, fra cui troneggiava, indiscusso monarca, il compianto ‘toscomercante’ Arduino Brizzi, si impegnavano in vertiginose trattative. Settemila lire per un albo ‘Nel Regno di Topolino’ del formato più grande, duecentomila lire per il 1939 dell’Audace, diecimila lire per i primi albi di Cino e Franco. In una delle primissime Lucca, un giornalista, sbigottito per tutto quel bailamme, ne prese buona nota e impostò il pezzo su quel business. Fu quello l’inizio della fine dei giornaletti comprati a peso nei magazzini di carta da macero a poche decine di lire o presso i carrettini degli sgombracantine. Tutti si fecero via via più furbi. I prezzi sono saliti sempre più. Rapido fu l’addio al ‘’romanticismo’ dei primi avventurosi rintracci, uno dei quali - mi dissero favoloso - nella soffitta della parrocchia di un minuscolo paese, simile a quello di Cocciapelata da cui prese le mosse l’indimenticabile Ciuffettino.
A mio avviso, questo - l’avere cioè promosso e incrementato oltre il pensabile il mercato - é uno dei pochi aspetti discutibili di Lucca (non mi riferisco ovviamente alla prima edizione del Salone); alla matrice culturale iniziale si è andata nel tempo autorevolmente affiancando, sino a sovrapporsi quasi alla prima, quella commerciale.
Lucca resta però sempre una interessante occasione di incontro e di riflessione; una tappa ‘storica’ nell’evoluzione dei comics e del mondo che ruota attorno ad essi.
Ma torniamo ai ricordi. Dal punto di vista della ‘nostalgia’, il Salone ha rappresentato una tappa fondamentale e quindi un momento magico, perpetuatosi nel tempo, nella vita di tanti fan del fumetto d’autore. Momenti di divertimento, ma anche di emozione per l’improvviso rintraccio e qualche volta di tensione nella vivacità delle contrattazioni. Riandando con la memoria ai primi saloni come dimenticare il farmacista che, presentatosi al Giglio con due valige di fumetti anni ’30, fu bloccato all’ingresso, trascinato quasi a forza nel bugigattolo del portiere, strattonato dai tre-quattro che ve lo avevano rinchiuso e indotto (ma lui era venuto per questo) a cedere a suon di bigliettoni i vari Giungla!, Paperino, Jumbo, ecc. ecc.? E il contadino che si presentò con una borsa nella quale figuravano – rilegati - molti albi Nerbini, compreso l’edizione a fascicoli dei primi Bob Star? Un altro individuo entrò curiosando tra i rivenditori. Poi sbottò, fra il generale sbigottimento, ‘Perbacco. Io ho tutto’. Abitava a due passi dal centro. Dopo pochi minuti, metà del Lucca-fandom era a casa sua.
Poi. I commenti… Ne sanno qualcosa i gestori dei ristoranti immediatamente adiacenti la ‘zona lavori’. Infinite tavolate, all’insegna dell’allegria, in cui si facevano le ore piccole. Ai tavoli tanti amici. Ricordo tra l’altro le battute ironiche di Angelo Tramonti; le precise informazioni di Traverso sugli eroi e sulle serie preferite; le argute dissertazioni di Franciosi; le ansie di Moreschini (tra i più grandi collezionisti dell’epoca) in materia di acquisti; il senso degli affari e la passione di Scotto (rivelatosi, in quegli anni, anche eccezionale restauratore); la composta tenacia di Rava nella ricerca del materiale; le dissertazioni di Don Luigi Serafini su ‘Il Vittorioso’, di cui era uno dei massimi cultori; le valigette da cui Maurice Horn traeva le ‘meraviglie’ made in USA, che ci lasciavano a bocca aperta. Insieme a noi, poi, a discutere e ad osservare erano editori, disegnatori, soggettisti, scrittori. Era esaltante parlare del dottor Faust (quello apparso su Topolino nel 1941-49) avendo al nostro fianco il realizzatore di quelle meravigliose tavole, e cioè il compianto Rino Albertarelli, che ci esponeva i retroscena.
Su un vecchio numero del settimanale, nelle pagine centrali che le contenevano, mi ci mise per esteso due firme; una per pagina. Era bello essere a tavola con Giovanni Gandini, creatore e direttore di ‘Linus’, appassionato come noi anche dei fumetti d’epoca, dei programmi futuri; di ciò che il suo periodico avrebbe potuto ‘ridarci’.Chiudo qui. D’accordo, Lucca è sempre Lucca, ma lasciatelo dire ad uno che ‘c’era’, penso proprio che ‘quella Lucca’ non l’avremo più."
A Lucca, a Lucca! È quasi un grido di guerra, per molte generazioni di appassionati. La manifestazione inaugura una vera e propria mostra-mercato, nel ridotto del Giglio; poi l’organizzazione migliora, arriva Rinaldo Traini, e la mostra "fra amici" diventa il Salone Internazionale dei Comics e dell’Animazione. Ci sono tavole rotonde, proiezioni, la leggendaria notte delle premiazioni al teatro del Giglio, le serate mondane all’Hotel Napoleon. L’arrivo in massa degli "amatoriali" coincide più o meno con l’inaugurazione del pallone pressostatico, in Piazza Napoleone: una struttura che ci pare immensa, con tanti stand modernissimi per gli editori, professionali e "amatoriali", e per gli antiquari. Ma ci sono anche gli "abusivi", molti dei quali giovanissimi, che circondano, con banchi improvvisati, la sede ufficiale della mostra mercato. È l’edizione del 1972 (Lucca 8), e molti di noi già frequentano la mostra, aspettandola con ansia, fino a non dormire, per l’eccitazione, la notte precedente. I collezionisti "puri" mugugnano: le tavole rotonde non fanno per loro, e d’altra parte irrita un po’ l’eccessivo appiattimento culturale e ideologico su certe posizioni di sinistra (benché molti fra gli organizzatori la pensino diversamente…), segno di un conformismo tipico degli anni Settanta e che sarà durissimo a morire. Fatto sta che le proiezioni del cinema d’animazione bulgaro, ungherese e cecoslovacco interessano ben pochi; qualcuno visita con interesse le mostre espositive (pregevoli, nel decennio fra il ’72 e l’82, quelle su Sergio Tofano e il Signor Bonaventura, Comicar, Pecos Bill, un’italiano degli anni Cinquanta); molti rincorrono i prestigiosi ospiti (Roy Crane, Lee Falk, Burne Hogarth e tantissimi altri) in cerca di un disegno originale, o anche solo di un autografo. La gran massa dei visitatori, però, che peraltro è sostanzialmente estranea al collezionismo di pubblicazioni d’epoca, cerca soprattutto gli stand degli editori, sia i "professionali" che gli "amatoriali". I primi, per alcuni anni, eleggono Lucca a loro punto di ritrovo privilegiato, prima di scoprire la Fiera del Libro per Ragazzi di Bologna. Lucca è così, almeno fino al 1976, il luogo dove gli autori incontrano gli editori e insieme i loro fans, dove si comprano e si vendono i diritti di riproduzione, dove si fanno progetti importanti. E dove, talvolta, si recepiscono anche i desiderata degli appassionati e dei collezionisti. La seconda tipologia di editori, gli "amatoriali", sfruttano Lucca (come si è già detto) per presentare nel miglior modo possibile le loro edizioni. Non mancano i giornalisti, al Salone, e così qualche "club" finisce recensito su "Panorama" o su "L’espresso". Poi, quando i vari Mondadori, Rizzoli, Dargaud, Cenisio, Dupuis, Casterman, ecc. ecc., abbandonano Lucca, gli "amatoriali" restano padroni del campo. Il trend, per tutti gli anni Settanta e anche all’inizio del decennio successivo, è decisamente in ascesa, e si fanno sempre affari d’oro. Tanto che qualche commerciante d’antiquariato pensa che sia arrivata la fine, per il suo tipo di attività, e si "ricicla" come editore amatoriale, salvo tornare sui propri passi in seguito. La mancanza degli editori professionali, nella seconda metà dagli anni Settanta, si fa certamente sentire, ma la mole enorme delle stampe e ristampe a circuito chiuso ha un effetto narcotizzante su tutti. Quando i "gruppi d’acquisto" tornano da Lucca, stracarichi di materiale, sono assaliti – il lunedì mattina – da decine di appassionati che reclamano le ultime novità del Club Anni Trenta o dell’ANAF.
Lucca è fantastica, anche perché è una città medievale, rinascimentale e moderna chiusa nel meraviglioso abbraccio delle Mura alberate. Tutto è a portata di mano: la mostra mercato è in Piazza Napoleone, in centro; le esposizioni nei palazzi delle vie adiacenti; i ristoranti tutti intorno, a pochi passi; i posteggi per le auto, la stazione ferroviaria, quella degli autobus, nel giro di cento-duecento metri dagli stand dei fumetti. Il teatro del Giglio guarda il pallone. È più che una mostra (e una città) a misura d’uomo: sembra di stare sempre in un salotto, anche all’aria aperta.
Ma le cose cambiano, e le dolci abitudini non possono durare per sempre. Lucca, nel tentativo di fare molte cose, forse troppe, finisce inevitabilmente per scontentare qualcuno. Anche il pubblico, almeno quello degli appassionati, dà cenni di inquietudine. Su "Il fumetto" n. 20 del dicembre 1975, vengono pubblicate alcune lettere di protesta su Lucca 11. Ne riportiamo solo qualche brano, estrapolato dal contesto, senza citare gli autori:
"La mia impressione è che diano troppa poca importanza alla nostra categoria, che poi senza di noi, penso che potrebbero benissimo chiudere il pallone che tanto ci vanno solo gli editori dall’estero se ci vengono e basta, perché la gente non viene mica per vedere Traini!"
"Come affari, non è andata bene. Come ho già detto la formula mi sembra si sia un po’ stancata e che abbia bisogno di rinnovarsi in qualche modo, perché o non è stata pubblicizzata come si deve o... non so... mancava qualcosa."
"Cominciare a urlare "fascista" [il pubblico, al Teatro del Giglio, N.d.R.] e tutte quelle cose là... ma dove siamo ? Quello è fascismo per me. È proprio quel tipo di atteggiamento che non ammette discussioni. Cioè, uno si alza per dire una cosa contraria e già tentano di fargli il linciaggio morale.
Questo per me è sbagliatissimo e tutta la manifestazione è stata improntata in quel modo là per me, cioè, specialmente le premiazioni che sono la cosa più importante dal punto di vista del fumetto."
Così l’edizione del 1976 (Lucca 12) viene boicottata dagli "amatoriali", capeggiati da Alfonso Pichierri della Nerbini, che (fra l’altro irritato da una contestazione subita al Teatro del Giglio nella precedente edizione), convince tutti gli espositori del "circuito chiuso" a ritrovarsi a Firenze, nella Palazzina Reale della Stazione Ferroviaria, per un "incontro tra amici", nelle stesse date del Salone. Comunque a Lucca si va sempre, perché è l’appuntamento chiave dell’anno, il luogo dove siamo certi di trovare gli amici e i corrispondenti anche più lontani geograficamente. Gli anni Settanta passano senza ulteriori scosse, ma è nell’aria una certa stanchezza generale, e i contrasti interni fra organizzatori, le autorità comunali e gli espositori, si fanno evidenti anche per chi non è addentro alle "segrete cose".
Per cercare di tamponare (se non di risolvere) i problemi logistici, sostanziali e finanziari che si accavallano e si accumulano, si decide infine per una scadenza biennale. La "Lucca no", come molti la chiamano, del 1977, sembra davvero un evento (negativo) epocale. Le edizioni del 1978 e del 1980 sono ottimamente organizzate e hanno grande affluenza di pubblico; quella del 1982 (Lucca 15), è poi l’ultima a tenersi in Piazza Napoleone, non più nel "pallone" ma in una doppia "tensostruttura". Dal 1984 (Lucca 16), l’appuntamento si sposta nel Palazzetto dello Sport di Via delle Tagliate, fuori delle mura. I più romantici, noi per primi, hanno una stretta al cuore. Ma anche gli altri accusano vari disagi: non esistono, in pratica, servizi pubblici per il centro, e di ciò fanno le spese le mostre espositive, che restano invece al Giglio e in altri palazzi dentro le mura; ci sono problemi anche per raggiungere i ristoranti. Ma si va avanti lo stesso: il mercato dell’"amatoriale" tiene ancora. L’edizione del 1986, che avrebbe dovuto chiamarsi Lucca 17, per scaramanzia si chiama ufficialmente "Lucca 20 anni". Purtroppo, quando nel 1988 siamo già in vista di Lucca 18, il tam-tam degli "addetti ai lavori" fa sapere che la mostra rischia di andare a monte. I problemi cui abbiamo già accennato si sono fatti gravissimi, probabilmente qualche grosso finanziamento è saltato. E Lucca, in effetti, non si tiene, né quell’anno né il successivo: stavolta è davvero in grave pericolo un autentico patrimonio nazionale.
Nel 1988 si costituisce l’Ente Autonomo Max Massimino Garnier e si cerca di correre ai ripari. Nell’ottobre del 1989 vengono allestite delle mostre (fra cui una su Tex) e si tiene una serie di incontri e dibattiti (Lucca Incontri ’89), che il pubblico degli appassionati semplicemente ignora. Poi si inventa una mostra mercato marzolina, senza il classico Salone, che si svolge al Palazzetto dello Sport dal 16 al 18 marzo 1990. È un evento in tono decisamente minore, ma utile a riallacciare il filo spezzato e soprattutto a preparare la rentrée trionfale del 29 ottobre/4novembre 1990, che si chiama semplicemente "Lucca ‘90". Rinaldo Traini compie il miracolo, e l’edizione è decisamente faraonica, con la massiccia partecipazione della Disney (la mostra Disney Made in Italy occupa una tensostruttura separata dal Palazzetto). L’anno successivo si replica la mostra mercato "nuda" di marzo e se ne fa anche un’edizione autunnale, così che le "lucche", da poche, diventano troppe: due ogni anno. Il Salone vero e proprio si ripete nel 1992, ancora con la Disney. Poi, e per chi lo vede dall’esterno è un fulmine a ciel sereno, Rinaldo Traini abbandona Lucca. Ma questa è appena storia di ieri, e ce ne occuperemo in uno dei capitoli finali del nostro racconto.
Quel che ci interessa, in questa sede, è che già molto prima di queste tormentate vicende, il mercato dà segni di stanchezza. Una delle ricorrenti crisi del fumetto "professionale", negli anni Ottanta, fa sentire i suoi effetti, svuotando il Salone di giovani e lasciando il campo ai soli editori amatoriali e ai collezionisti d’antiquariato. Ma anche in questi campi non si fanno più affari d’oro: il fenomeno dell’"amatoriale", che ha raggiunto probabilmente il suo climax, si avvale ormai di una vera costellazione di mostre in tutta Italia, e Lucca è considerata dai più solo una delle tante. Gli editori amatoriali, che continuano ad andare a Lucca infischiandosene dei problemi organizzativi, non si rendono conto che avrebbero tutto l’interesse a sostenere l’aspetto culturale del Salone, che lo rende un evento unico e di respiro internazionale. La barca è una sola, e se affonda sono dolori: molti si muoveranno solo quando ci sarà il tracollo organizzativo, parecchio più tardi. Fatto sta che sotto l’aspetto meramente commerciale la manifestazione perde i colpi. Il sabato pomeriggio c’è sempre il pienone, ma negli altri giorni si vedono passare e ripassare le stesse facce. Sembra proprio che manchi del tutto l’entusiasmo degli anni iniziali. Il "nuovo fumetto" c’è, c’è anche un nuovo pubblico, fatto di giovanissimi, presumibilmente, ma per ora a Lucca non si vede. Solo il 1986, e l’arrivo del travolgente fenomeno Dylan Dog, dà una colossale (e salutare) scrollata a tutto il mondo delle mostre. Ma anche di questo parleremo poi. Torniamo agli anni Settanta, perché le altre radici del mondo fumettistico di oggi sono sempre là.
20. …si prosegue con Bologna (da cui Modena e poi Reggio Emilia)…
L’altro caposaldo degli appassionati, negli anni Settanta e Ottanta, è Bologna, la Mecca del fumetto d’antiquariato, dove si trova davvero di tutto, ma che è anche – almeno per i primi tempi – un polo d’attrazione per gli studiosi e sempre e comunque (fino all’alba degli anni Novanta) un altro grande mercato per gli "amatoriali", forse il più importante di tutti.
La mostra di Bologna nasce, sotto l’egida dell’ANAF, nel 1970. Sembra impossibile, ma la carenza di documentazione per quel periodo è tale (e i ricordi dei protagonisti così confusi) che è difficile ritrovare il vero capo del filo che porta, dal lontano 1970, fino alla Reggio Emilia dei nostri giorni. I giorni 21 e 22 febbraio 1970 si svolge il primo raduno nazionale degli iscritti ANAF. Le due giornate vedono anche svolgersi la …seconda 24 ore del fumetto. E la prima? Il fatto è che fra i promotori dell’ANAF, fondata dal bolognese Alberto Lenzi, ci sono i romani Franco de Giacomo, Vittorio Alessandrelli e Vittorio Pandolfi. Grazie soprattutto all’iniziativa di De Giacomo, giornalista professionista con numerosi "agganci", la prima 24 ore del fumetto si è svolta a Roma, al Cenacolo, il 24 e il 25 maggio 1969, con una notevole risonanza nei media. Fra gli ospiti c’era anche Mario Nerbini, che lo stesso De Giacomo ha intervistato per "Linus".
Ma Bologna è pur sempre la sede principale dell’Associazione, e reclama il suo ruolo guida. Il 17 e 18 aprile 1971, nella Sala dei Fiorentini (Corte Galluzzi, 6) a Bologna, si svolge la terza 24 ore dei fumetti. I locali non sono adeguati al volume di scambi sempre crescente, e alla presenza dei primi editori amatoriali. Così il Raduno Nazionale dei soci ANAF, l’anno seguente, si tiene nei locali dell’Antoniano di Bologna. La mostra-mercato, che si svolge il 27 e 28 maggio 1972, viene chiamata semplicemente 24 ore del Fumetto, senza specificare il numero dell’edizione. L’anno dopo si replica, stavolta il 9 e 10 giugno, sempre nei locali dell’Antoniano. È grazie a Franco Bergamaschi che vengono reperiti i locali, di proprietà dei frati che organizzano il celebre festival canoro Lo zecchino d’oro. La manifestazione viene adeguatamente pubblicizzata, anche con l’invio di circolari e la stampa di manifesti, così che l’incontro bolognese acquista un rilievo nazionale. I locali dell’Antoniano non sono certo ideali (si utilizza anche la platea del teatro), ma certamente ampi e comodi, facili da raggiungere. L’atmosfera, poi, è diversa da Lucca e anche da Genova: ci si ritrova veramente tra amici, senza ospiti internazionali, senza pretese culturali e anche senza una presenza troppo aggressiva dell’aspetto commerciale. Ci si può ancora dedicare agli scambi, o parlare con Traverso e Scotto dei programmi futuri dei rispettivi club. Una festa in famiglia, insomma.
Ma la benemerita Associazione, nei suoi primissimi anni di vita, "sponsorizza" anche alcune manifestazioni minori, organizzate da fiduciari provinciali, fra le quali si distingue quella di Scandicci (Firenze), che si tiene al Bar Sport della località toscana (in pratica la periferia estrema di Firenze), già dal 1969. Da quella mostra scaturirà il gruppo dirigente del GAF-Firenze. A Bologna, presso il club "Le Trou" in via Barberia, tutti i venerdì sera si riuniscono i soci bolognesi, per scambi e acquisti di materiale d’epoca. Franco Grillo e Vittorio Alessandrelli, a Roma, nel dicembre 1970 allestiscono una mostra nei locali della Stazione Termini: l’esperienza viene replicata con successo nel 1972. Fuori dal controllo ANAF, ci sono le Tre Giornate del Fumetto di Genova. È quest’ultima, certamente, l’evento più importante – dopo Lucca, ovviamente – del fandom nostrano, e l’ANAF vi si aggrega, in pieno spirito di collaborazione con Gianni Bono, che della manifestazione è il promotore e l’organizzatore.
Comunque, con Franco Grillo al comando dell’Associazione, e Bergamaschi come sapiente organizzatore, la mostra ufficiale dell’ANAF diventa sempre più importante, con grande afflusso di pubblico da tutta Italia. E per l’edizione del 1974 si ottiene addirittura il prestigioso e centralissimo Palazzo di re Enzo. La durata della manifestazione viene quadruplicata (si svolge dal 23 al 26 maggio), e perciò viene pomposamente chiamata La 96 ore del fumetto: Guido Buzzelli disegna uno splendido manifesto, e si cerca di dare un carattere più "colto" all’evento, attribuendo dei premi al miglior disegnatore, soggettista, critico, ecc. La statuetta di bronzo, che ben presto diviene ambitissima fra gli "addetti", riproduce la statua del Nettuno che adorna la stupenda fontana del Giambologna CONTR nella piazza prospiciente il palazzo. Nel 1975 la durata viene ridimensionata in 72 ore (13-15 giugno), ma la sede è sempre a Palazzo di re Enzo, e il successo è ancora formidabile.
La mostra a Palazzo di Re Enzo è magnifica e scomodissima allo stesso tempo. Magnifica perché il centro di Bologna è unico e affascinante, e offre le stesse opportunità di Lucca in chiave di turismo "fumettistico" e colto. Ma è terrificante per altri aspetti: lo splendido palazzo è in realtà un vero e proprio castello medievale, con scale ripidissime e strette. I saloni non sono certo climatizzati, e se c’è afa – come spesso accade – letteralmente si soffoca. Ma gli inguaribili romantici (noi siamo sempre in prima fila) amano il Palazzo, la basilica di San Petronio, e la vista magnifica dalle bifore dei piani alti, i passaggi sospesi nel vuoto, il colore rosso acceso dei mattoni colpiti dal sole del tardo pomeriggio, quando gli espositori stendono i teloni sui tavoli e la mostra si avvia alla chiusura.
Nel 1976 si torna alle 96 ore, sempre a Palazzo di re Enzo (27-30 maggio), con una vera invasione di stampe e ristampe amatoriali, che suscitano un (profetico) articolo di Gianni Brunoro, con toni decisamente preoccupati; l’anno seguente è di nuovo la volta delle 72 ore, sede invariata, dal 23 al 25 aprile. Ma il 1977 è anche l’anno di "Lucca no", e quindi si decide di organizzare un appuntamento supplementare il 5 e 6 novembre, a uso e consumo degli "amatoriali", che non intendono perdere un appuntamento tradizionale che permette lucrosi affari. Il Palazzo di Re Enzo non è disponibile, e allora si trova, sempre grazie a Franco Bergamaschi, una sistemazione decentrata al Centro Civico Marco Polo del Quartiere Lame. Una sede un po’ squallida per i "soliti romantici", ma certamente molto più comoda per chi non vede altro che i fumetti. Il successo è straordinario, e gli organizzatori riflettono. Sarà poi questa edizione autunnale a prevalere, svuotando progressivamente d’importanza quella tradizionale di maggio, legata al raduno dei soci ANAF e ai premi. In quell’autunno un referendum ANAF, fra lo sconcerto di tutti, rivela una certa stanchezza per i grandi eroi americani sindacati, e una richiesta di cose nuove, anche di produzione franco-belga. Lo stesso Grillo, nell’editoriale de "Il fumetto", scrive che solo un paio d’anni prima, questi risultati sarebbero stati "fantascientifici". E, difatti, qualcosa inizia timidamente a cambiare, nei gusti degli appassionati, come abbiamo già visto e come vedremo meglio in seguito. Comunque nel 1978 si torna al Palazzo di Re Enzo, con la medesima cornice fastosa e qualche tentativo, grazie a ospiti prestigiosi, di imitare la "mondanità" lucchese.
Lo storico palazzo, per i dirigenti dell’ANAF, è comunque fonte di gioie e dolori: ambito da molti, utilizzato per le consultazioni elettorali, non sempre è disponibile. Nel 1979, per la 48 ore, è necessario tornare al quartiere Lame (il 12 e 13 maggio), e si parla di "mostra mercato straordinaria"; lo stesso avviene il 3 e 4 novembre, per quella che viene ormai ufficialmente chiamata Bologna extra (non c’è Lucca). Per la mostra del maggio 1980 si annuncia di nuovo il quartiere Lame (e i più sono contenti, visto che la sede è indubbiamente comoda), poi però l’invito ufficiale è per il 23-25 maggio al Palazzo di Re Enzo, per la 72 ore del fumetto. Ma nel 1981 si torna, per un’ulteriore 72 ore, al quartiere Lame (22-24 maggio), mentre Re Enzo rivede i fumettari per la Bologna extra il 6-8 novembre, e per l’edizione di maggio del 1982.
Il giro di boa fra gli anni Settanta e il decennio successivo vede fenomeni contraddittori: ci sono evidenti segnali di crisi, "esce poco in edicola, c’è poca gente alle mostre, che sono davvero troppe" si commenta su "Il fumetto". Ma è anche un periodo di grandi fermenti. Nel dicembre 1982 appare un ampio servizio su "Frigidaire" e il fenomeno del fumetto sperimentale italiano, con l’autorevole viatico di Giulio Cesare Cuccolini. Per molti soci ANAF è causa di sconcerto, ma l’atteggiamento dell’Associazione è positivo, nel cercare già allora di registrare e storicizzare il fenomeno. Oggi, con il vantaggio della prospettiva storica, sappiamo che quella scuola non ha avuto un grande seguito né un’influenza consistente nel fumetto successivo, ma all’epoca c’è chi scommette sui "valvolinici" tutte le proprie carte.
Nel 1983 la 72 ore del fumetto si svolge ancora al Palazzo di Re Enzo, il 20-22 maggio; per la Bologna extra si torna invece al Quartiere Lame, dall’11 al 13 novembre. C’è grande disagio economico in casa ANAF, sia per il programma Disney, di cui abbiamo già parlato, messo su un po’ frettolosamente ma anche …sabotato da più parti, sia per il calo degli iscritti. Si comincia a ventilare l’ipotesi di chiudere l’Associazione, che ormai ha ben poca vita sociale, ma nessuno ci crede veramente, e le mostre mercato sono sempre un’abbuffata di edizioni e riedizioni. Qualcosa però non funziona davvero, le forze dei fondatori non sono più sufficienti, e – giustamente – si cerca "carne fresca" per un naturale avvicendamento nei ruoli strategici, organizzazione delle mostre in primo luogo. Nel 1984, ancora a Palazzo di Re Enzo, i giorni 5 e 7 maggio, si stringono accordi con i ragazzi bolognesi che fanno capo alla fanzine "Fumo di China", offrendo loro ospitalità su "Il fumetto" (la collaborazione inizia col n. 28) e cercando di cooptarli nel Consiglio Direttivo. Non ci sono d’altra parte alternative di alcun genere: Guerriero, sul "Fumetto" n. 29 del settembre 1984, si lamenta che all’assemblea generale era presente …un solo socio!
Nel 1985, anche l’appuntamento al Quartiere Lame, ormai divenuto tradizionale, sembra interrompersi. La 48 ore del maggio 1985 si tiene infatti nei locali del Barracano al quartiere Galvani, in via Santo Stefano, 119. Si adducono spiegazioni "tecniche" (elezioni, problemi logistici, traffico insopportabile nel centro di Bologna – ed è vero - impossibilità di trovare un parcheggio), ma la realtà è che l’organizzazione della mostra è passata da Bergamaschi (che la curava fin dal 1971) ai ragazzi di "Fumo di China". L’avvicendamento rientra nella politica delle "forze nuove", ma sarà lo stesso Guerriero, sul "Fumetto" n. 5 del dicembre 1985 a spiegare a chiare lettere che Bergamaschi aveva chiesto un aumento sulla percentuale degli incassi, cosa insostenibile per le esangui finanze dell’Associazione.
La mostra al Barracano è un’avventura sgradevole per tutti. Decisamente fuori mano (tanto che qualcuno addirittura si perde nella non certo tentacolare Bologna), offre locali belli ma angusti, e l’organizzazione fa acqua da tutte le parti. I giovani neo-organizzatori gettano subito la spugna, e sfuma così, dopo pochi mesi, il sogno di dare, coi giovani appassionati, nuova linfa vitale all’Associazione. È ancora Guerriero a postulare che i ragazzi bolognesi siano stati "delusi dal troppo lavoro e dal troppo poco profitto". La defezione mette in serio pericolo la Bologna-extra, che fino all’ultimo sembra saltare. Per fortuna una nuova realtà, l’ARCI-comics di Modena, si offre di ospitare la manifestazione. I collezionisti che decidono di visitarla (è ancora tanta la fame di novità editoriali…) camminano col cuore stretto sotto i portici della cittadina, dopo aver visitato una mostra certamente in tono minore, se non minimo. Come sembrano lontani i fasti del Palazzo di Re Enzo, ma anche le atmosfere familiari eppure frizzanti dell’Antoniano! Camminiamo tutti per Modena proprio come esuli, senza troppe speranze per il futuro. Viene distribuito "Il fumetto" realizzato a Milano dallo staff di Guerriero, ma la veste più moderna copre un netto calo qualitativo del periodico. La rivista ha poi un vero e proprio crollo dopo il n. 5 del dicembre 1985, e si trascina, fra ritardi, irregolarità, impaginazioni stravolte, un faraonico progetto di catalogo a schede del fumetto italiano che va a catafascio, finché nel 1987 i milanesi lasciano il tutto a Franco Giacomini.
La 48 ore del 1986 si svolge ancora a Modena, il 24 e 25 maggio, organizzata dall’ARCI al Palazzetto dello Sport. L’organizzazione è buona, ma probabilmente è proprio la collocazione a Modena che non funziona: c’è scarsa affluenza, diffuso disagio. Poi l’ARCI-comics chiude provvisoriamente i battenti (risorgerà con altro nome). La "vecchia guardia" dell’ANAF pensa seriamente di piantare baracca e burattini, una buona volta. Ma la passione è ancora tanta, e poi, dopo l’esordio di "Dylan Dog" e un effimero boom del fumetto dell’orrore, sembra che il mercato abbia preso di nuovo a tirare. Grillo, Guerriero, Tamagnini hanno un soprassalto d’orgoglio, e la 48 ore del 1987 si svolge di nuovo a Bologna, nella vecchia sede del Quartiere Lame, il 23 e 24 maggio. È un autentico "ritorno a casa", per il quale occorre ringraziare Giuseppe Nicotra, Foscolo Donati e Giuseppe D’Agata. Per il ritorno trionfale volevano Re Enzo, ma non è stato proprio possibile, però lo promettono per il 1988.
Le cose, anche per la rivista, migliorano. Franco Grillo, che aveva abbandonato l’Associazione, torna a stilare l’editoriale del "Fumetto" col n. 12 del settembre 1987 (sembra di tornare indietro nel tempo). Bologna extra si tiene ancora al Quartiere Lame il 5 e 6 dicembre: sembra proprio si sia chiuso il calvario, e il titolo di un ironico articolo di Gianni Brunoro sul n. 12 ("Strada vecchia fa buon brodo"), la dice lunga. Anche per il 1988 si annuncia la mostra a Bologna, senza però precisare l’ubicazione, e invece, a sorpresa e all’ultimo momento, la sede è a Reggio Emilia. Fino all’ultimo si pensa di andare alla palestra di Cella, in centro. Ma anche quei locali "saltano", e si ripiega su un altro locale centrale, al Chiostro della Ghiara. La città è piacevole, certo non offre i tesori artistici di Bologna, ma passeggiare di nuovo sotto i portici fa piacere. Per l’edizione autunnale, si annuncia ancora la sede di Cella, ma poi, una settimana prima, si sposta il tutto al Centro Esposizioni di Via Filangeri, trovato dagli attivissimi Luciano Tamagnini e Paolo Gallinari.
Mamma mia. Il primo impatto è quasi sconvolgente. Abituati prima ai caldi centri storici delle città d’arte, poi alle periferie fredde ma attrezzate, ci ritroviamo in piena campagna. Ci accolgono due enormi capannoni di cemento, altissimi, che sembrano due UFO in stile spielberghiano atterrati vicino all’autostrada. Ci avviciniamo sospettosi, e all’interno delle strutture avvertiamo netto il "sano odore di campagna" lasciato da una mostra di bovini che ci ha preceduto… Ma è solo un primo impatto, non fa testo. Ci ritroviamo con gli amici di sempre, e ci sono anche i "nuovi" Moreno Burattini, Francesco Manetti e gli altri della fanzine "Collezionare" che danno una mano e con cui fare progetti.
Per il 1989, la 24 ore si tiene ancora a Reggio, il 20 e 21 maggio. La Bologna-extra lascia il posto a una manifestazione ufficialmente autonoma, la Mostra Cambi Scambi - Reggio Colleziona con sede in Via Filangeri, al Centro esposizioni, organizzata dall’Arcinova. Sempre in Via Filangeri si tiene il 26 e 27 maggio 1990 la quarta (sic!) 24 ore dell’ANAF e insieme la prima mostra del disco da collezione: una coabitazione che lascia perplessi alcuni, ma che rappresenterà il futuro. C’è un ingresso da pagare, cosa inedita (c’era stato un antico precedente a Re Enzo, negli anni Settanta). Per i soci ANAF è previsto un talloncino per entrare gratis. Moreno Burattini & co. arrivano nel 1990 sul "Fumetto". Sono le avanguardie dei nuovi appassionati, i giovani e giovanissimi che già hanno invaso Lucca: grandi appassionati bonelliani e dei supereroi USA, possiedono una notevole competenza nella loro materia, ma dimostrano una disarmante ignoranza (tranne quelli di "Collezionare", ovviamente!) per quanto riguarda la lunga storia del Fumetto. A differenza di noi "classici", non hanno memoria storica, né grande curiosità per le scoperte e le riscoperte. Una sesta mostra del fumetto e dell’illustrazione per ragazzi si tiene l’8 e il 9 dicembre in via Filangeri; i giorni 1 e 2 giugno 1991 si svolge la sesta mostra mercato e del disco da collezione, che Franco Grillo chiama ancora, nostalgicamente, 24 ore del fumetto.
C’è ancora un sacco di ristampe, sempre più "anastatiche", sempre più rivolte al fumetto italiano minore e minimo degli anni Quaranta e Cinquanta, mentre inizia la moda di Tex. Però, nel contempo, si registra una nuova crisi del fumetto da edicola.
Bologna è ormai dimenticata, il suo posto verrà poi preso da una manifestazione assai minore e senza alcun rapporto con l’Associazione. Reggio Emilia è invece diventata una meta obbligatoria, ma non solo e non tanto per le edizioni amatoriali, che vanno rarefacendosi e comunque si trovano negli innumerevoli punti vendita specializzati in tutta la Penisola. I nuovi protagonisti della mostra dell’ANAF sono i commercianti d’Antiquariato, che risentono positivamente di un notevole rilancio del collezionismo di "originali". Ovviamente non è più tempo solo di Anteguerra classico e di edizioni Vecchi, Nerbini e Mondadori: si riscopre un po’ tutta la produzione italiana, dagli anni Trenta agli anni Sessanta, con particolare attenzione per Tex e i "bonelliani" in genere. È un vero e proprio ritorno all’antico, come vedremo meglio in seguito. E, fra i commercianti, ci sono di nuovo i privati: eccoli, tornano, sono gli "uomini con la valigia" dei tempi eroici, gli stessi degli scalini del Giglio a Lucca. In breve tempo, si riappropriano della mostra, e non è certo un fenomeno negativo, visto come si erano messe le cose. C’è il piacere della riscoperta, a Reggio si trova di tutto, a dispetto delle mode, anche ciò che si era perso negli anni Sessanta e perfino nei Settanta. E i giovanissimi comprano i primi numeri di "Zio Paperone" a peso d’oro, proprio come noi pagavamo cifre assurde per "Giungla in fiamme" degli Spada. Un cerchio che si chiude, evidentemente.
Ma per la vecchia, cara ANAF, almeno nella sua prima "incarnazione", arriva inopinatamente la fine. Sul "Fumetto" n. 27 del maggio 1991, si comincia a dire che l’ANAF passerà da Roma a Reggio Emilia. Dal 1992, infatti, dovranno essere lasciati liberi gli storici locali della sede ANAF della Capitale. Il 7 e l’8 dicembre c’è la consueta mostra mercato in via Filangeri, e ormai se ne parla apertamente. L’annuncio ufficiale del passaggio a Reggio dell’ANAF è del settembre 1991; sul "Fumetto" n. 29 del dicembre, ultimo della serie (che ha una bella copertina di Rubino, magari un po’ tetra…), c’è l’addio: nell’articolo "La fine di un ciclo" ci sono "i saluti velati di nostalgia per un passato che non può più tornare…". L’ANAF risorge immediatamente come ANAFI, "Il fumetto" diventa "Fumetto", ma di questo parleremo poi.
(5. Continua)